duminică, 30 ianuarie 2011

Un po' di chiarezza su PACS e coppie omosessuali

Nel tragicomico panorama politico italiano, dal quale i cittadini avvertono un sempre maggiore distacco, come ha "scoperto" il Presidente Napolitano, si sente tanto parlare di PACS e coppie omosessuali, divenuti, anzi, i temi al centro del dibattito politico. Ebbene sì, i nostri parlamentari si scaldano più per la concessione di diritti a famiglie non convenzionali, che per aiutare davvero le famiglie "regolari" in difficoltà.
Ma prima di affrontare la questione, un paio di considerazioni preliminari sono necessarie.
Uno: ogni persona ha il diritto di avere l'orientamento sessuale che desidera, o che gli è stato imposto dalla natura, e di non essere discriminato in ragione di esso. Considerazione che potrebbe apparire superflua, ma non lo è affatto per una lunga serie di motivi.
Due: le manifestazioni di "orgoglio gay", così scomposte e fuori dai canoni, sono assolutamente controproducenti per gli omosessuali. I primi a rendersene conto sono gli stessi omosessuali che vorrei definire "seri", ossia quelli che per natura hanno, da sempre, un orientamento omosessuale, e che soffrono nel vedere strumentalizzata la loro condizione per motivi politico-elettorali.
Ciò detto, cosa sono i PACS? Un atto legislativo, o insieme di leggi, volte a regolare le convivenze tra coppie, siano esse omosessuali o eterosessuali, per la concessione di diritti simili o uguali a quelli delle coppie sposate.
Cosa c'è di male nel regolamentare le "unioni civili"?
Innanzitutto, la definizione "unioni civili" è sbagliata. Una coppia può sposarsi in Comune, e non in Chiesa, e quindi rientrare nella categoria "unioni civili". Ma questo tipo di unione è parificato in tutto e per tutto a quello delle coppie sposate (anche) in Chiesa. E ci mancherebbe...
Le "unioni civili" di cui si discute sono qualcosa di diverso: appunto, coppie - eterosessuali o omosessuali - non sposate, per cui si chiedono particolari diritti.
Ora, questi diritti non possono essere concessi in maniera generalizzata per legge o addirittura costituzionalmente a tutte le coppie non sposate. A tal proposito mi vengono in mente le battaglie della sinistra "in difesa della Costituzione", che viene invece ignorata quando non corrisponde ai propri interessi o calcoli (cito a titolo di esempio l'Art. 29, c. 1: "La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio" e l'Art. 95, c. 1: "Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo, promovendo e coordinando l'attività dei ministri").
Non è possibile concedere mille e uno diritti senza che le coppie in questione abbiano zero doveri e obblighi nei confronti della società. Perchè si dovrebbe permettere a una coppia del genere lo stesso trattamento di una sposata, quando la prima può benissimo decidere una mattina che la propria unione non esiste più? Le coppie sposate hanno doveri e obblighi nei confronti della società che le coppie non sposate non hanno. Ergo, zero doveri, zero (o quasi) diritti.
Il quasi è assolutamente voluto: in maniera diversa rispetto ai pruriti radical-social-comunisti presenti a sinistra come (aihmé!) a destra, sono perfettamente consapevole che la vita non è mai perfetta. I casi della vita sono tanti, non si può considerare una situazione uguale ad un'altra.
Allora, per casi particolari, che possono risultare anche in percentuale elevata, possono essere poste in essere una serie di misure concessorie di diritti attraverso semplici modifiche ad hoc del Codice civile. Mi spiego con un esempio: una coppia eterosessuale non sposata di cinquantenni con bambini, in cui almeno un coniuge ha alle spalle un matrimonio fallito è sicuramente cosa diversa da una "coppia" omosessuale di ventenni che non hanno ancora compreso cosa fare della propria vita. E allora, per la prima coppia si inseriscano nel Codice dei provvedimenti ad hoc a tutela della loro condizione; la seconda, continui a vivere serenamente la propria condizione senza troppo clamore.
Una considerazione finale sul tema dei diritti e in particolare dell'adozione da parte di persone omosessuali: nella società attuale tale concessione è impensabile; assunto che due persone dello stesso sesso non possono procreare, obiettivo che la società (se non la natura o Dio, che pare contino sempre meno) ha assegnato ad un uomo e una donna per volta, gli omosessuali non possono pretendere gli stessi diritti delle coppie eterosessuali; la questione, di ordine sociale e politico volendo tralasciare gli aspetti biologici e morali, non può essere aggirata attraverso l'adozione di un bambino: qui entra in gioco una terza persona, indifesa e incapace di decidere per se stessa, che non si può permettere venga "violentata" nella sua libertà da qualsivoglia voglia di "maternità" o "paternità" omosessuale.
Fortunatamente, in Italia esistono ancora menti pensanti, che si spera evitino una deriva zapaterista.