duminică, 30 ianuarie 2011

Un iraniano a Bologna

Mahmoud, studente di Scienze della Comunicazione all’Università di Bologna, racconta la sua esperienza prima e dopo la partenza dal suo paese.

- Nik, partiamo dal nome: preferisci non essere chiamato Mahmoud, vero?

Certamente. Il mio nome anagrafico è un nome arabo e islamico. La mia lingua madre è il persiano, e non riconoscendomi neanche nella religione musulmana non mi riconosco in questo nome.

- Parlaci della tua vita a Teheran.

Facevo la vita da un ragazzo del ceto medio. Mi sono laureato in letteratura inglese. Facevo il cronista per una rete televisiva in lingua inglese della macchina di propaganda del Regime: era l’unico modo per poter praticare questo mestiere. Ovviamente si viveva una doppia vita, e dovevi dire quello che volevano loro. Per fortuna che pochi superiori conoscevano l’inglese!

- Quando hai lasciato l’Iran e cosa ti ha spinto a tale scelta?

28 agosto 2001. Perché volevo essere libero di pensare e vivere e non rischiare di essere arrestato dalla polizia morale ogni volta che camminavo con una persona dal sesso opposto!

- Perché hai scelto l’Italia?

Sono nato a Roma. Conoscevo già la lingua. Volevo ottenere la cittadinanza e vedere che cosa mi ero perso.

- Come ti trovi nel nostro Paese?
E’ molto fastidioso dover chiedere il permesso di soggiorno nel paese dove sei nato! Il resto va bene.

- E a Bologna?

È una bella città dalle dimensioni giuste per uno che arriva da fuori; tra l’altro, affollata di studenti Erasmus, che rendono l’ambiente molto internazionale e cosmopolita. Dall’altro canto, c’è tanto anti-americanismo gratuito e quello che io chiamo “pacifismo da pancia piena” che in questi tempi vanno tanto di moda negli ambienti universitari.

- Ci descrivi la tua giornata tipo?
Lo svolgimento della mia giornata dipende molto dal periodo: ormai mi mancano tre esami alla laurea, quindi capita raramente che frequenti una lezione, a meno che non si tratti di un corso che mi piace e non ho potuto frequentare in passato. Nei periodi di lavoro insegno l’inglese nel pomeriggio, altrimenti a volte vado nel nostro dipartimento o presso la sala centrale dell'Università per controllare la posta e navigare su internet. Di sera mi incontro con gli amici, a volte andiamo in centro di Bologna per un aperitivo. Ogni tanto, da solo o con un amico, vado in piscina. Insomma, non c'è proprio una giornata tipo!

- Come reputi i costi della vita nel nostro paese? Hai bisogno di lavorare molto per pagarti lo studio?

Nella media. L’università costa meno dei paesi anglosassoni, ma più della Germania o dei paesi scandinavi, dove sono quasi gratuite. Io sono fortunato perché faccio l’insegnante d’inglese o comunque lavori legati a questa lingua. Il problema è che quando ti offrono più lavoro, accetti anche se al momento non ne hai bisogno, perché non sai cosa ti può capitare domani… Quindi finisci spesso per essere un lavoratore che studia anziché viceversa.

- Quali ritieni siano le prospettive lavorative una volta laureato?

Il mio corso, Scienze della Comunicazione, almeno a Bologna è molto vasto e dispersivo: ci si occupa di molti campi e discipline, spesso interessanti, ma quasi mai in profondità. Inoltre, ha una impostazione molto teorica; ecco perchè temo che una preparazione del genere non basti e di conseguenza mi sto informando per iscrivermi a un corso di laurea specialistica davvero specializzante, come ad esempio Relazioni internazionali.

- Quali corsi della tua facoltà consiglieresti a chi ha intenzione di studiare a Bologna?

Dipende da quel che si vuol fare. Se vuoi lavorare, partendo dalla base di conoscenze fornite dal mio corso di laurea, il passo non risulta immediato: spesso tutte queste belle conoscenze umanistiche non portano necessariamente all’acquisizione di competenze e capacità per svolgere un lavoro. Bisogna investire, tempo e denaro, in parallelo per imparare le lingue, o acquisire esperienze concrete. Nel nostro corso, come ho accennato, si “studia” la pubblicità senza diventare pubblicitari, si “studiano” siti web senza diventare web designer, si “studia” giornalismo senza farlo, e via dicendo. A volte, ho l'impressione che sia necessario avere ottomila euro per poi fare un master pratico, altrimenti si rischia di sapere tante belle cose senza poter far niente!

- Cosa cambieresti della tua università e cosa invece credi sia un punto di forza?

Quello che cambierei è, come dicevo, la mancanza di approcci pratici allo studio. Un punto di forza è la presenza di tanti accordi e programmi di scambio, anche per periodi brevi e dunque non solo Erasmus (che resta il caso ideale), che danno la possibilità di allargare gli orizzonti e fare esperienze all’estero.

- Se ne avessi la possibilità, ritorneresti in Iran?

Manco morto!

- Come giudichi la cultura occidentale?

La cultura occidentale è quella che accoglie tutti da tutto il mondo è gli dà la possibilità di realizzarsi, di diventare “uno di casa”, ed è così buona, anzi buonista, che fa sì che ci si pieghi a casa propria per esaudire i desideri, nonché i capricci ed i fantomatici “diritti” spesso discutibili degli ultimi arrivati, che non sono altrettanto aperti nei confronti di chi gli accoglie!

- Hai un sogno per il tuo futuro? E per il futuro del tuo Paese?

Il mio sogno di breve termine è di liberarmi dell’etichetta “extra-comunitario”. E poi voglio entrare in politica o fare giornalismo politico che mi appassiona e perché vedo che ce n’è tanto bisogno. Per l’Iran naturalmente spero nella nascita di una democrazia: per questo credo che il cammino intrapreso dall’Afghanistan e dall’Irak verso la libertà dei popoli possa dare una speranza e ispirazione anche agli altri popoli islamici.